22 luglio 2011.
La strage di Utoya avvenne meno di due ore dopo dal primo attacco, un'esplosione di un'autobomba nel centro di Oslo.
Sull'isola di Utøya, nel Tyrifjorden, era in corso un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese. Un uomo vestito con una strana uniforme simile a quella della polizia e provvisto di documenti falsi giunse sull'isola e aprì il fuoco sui partecipanti al campus, uccidendone 69 e ferendone 110, di cui 55 in maniera grave.
Fu l'atto più violento mai avvenuto in Norvegia dalla fine della seconda guerra mondiale.
Il responsabile degli attentati, Anders Behring Breivik, 32enne norvegese simpatizzante dell'estrema destra, fu arrestato in flagranza ad Utøya.
Rinviato a giudizio, fu processato tra il 16 aprile e il 22 giugno 2012 a Oslo; in tribunale affermò di aver compiuto gli atti per mandare un "messaggio forte al popolo, per fermare i danni del partito laburista" e per fermare "una decostruzione della cultura norvegese per via dell'immigrazione in massa dei musulmani".
Riconosciuto unico responsabile e sostanzialmente sano di mente, il 24 agosto seguente Breivik fu condannato a 21 anni di carcere (pena massima dell'ordinamento norvegese), prorogabili di altri 5 per un numero indefinito di volte qualora, a pena scontata, fosse ancora ritenuto socialmente pericoloso.
Il 22 luglio 2015 cade il quarto anniversario della strage. Una strage di ragazzi che credevano che solo attraverso l'impegno civile e politico si possa incidere sulla situazione mondiale.
Come ad Utoya anche a Suruç il 21 luglio 2015 di nuovo sono stati uccisi giovani che si impegnavano in politica.
Questo è un collage di alcuni autoritratti che loro stessi avevano pubblicato su Twitter pochi minuti prima di essere dilaniati da una loro coetanea kamikaze.
Trentadue giovani socialisti turchi e curdi assassinati ieri a Suruç, a quindici chilometri da Kobane dove progettavano di ricostruire una biblioteca e un centro culturale.
Sono senza parole di fronte alla sottovalutazione di questo crimine sulla stampa europea.
Mi colpisce il fatto che non si colga il tragico significato di quella strage.
I giovani socialisti riuniti a Suruç impersonavano quell'impegno contro la discriminazione etnico-religiosa per la giustizia sociale necessario e che non può fermarsi ai confini geografici.
Mi chiedo se sia possibile ignorare che l’attentato di Suruç mira al cuore dell’ideale internazionalista.
Sia a Utoya che a Suruç le stragi sono state perpetrate da esseri vili e ignobili. Nel secondo caso da una diciottenne kamikaze (!)
Senza coscienza, col lavaggio del cervello? Non lo so, forse. Senza umanità, sicuramente.
Quei ragazzi intendevano l'impegno di militanza come politico nella più alta accezione del termine: veniva dal desiderio di un mondo migliore, di pace, più equo e non si aspettavano che venisse loro consegnato a casa ma capivano che se aspetti sempre che facciano gli altri, si va poco lontano.
Devi essere tu il primo a cambiare se vuoi che cambi anche il mondo attorno a te.
Non dimentichiamo le vite spezzate di questi ragazzi. Del perché sono morti. Non lasciamo che i fatti di Suruç, quelli di Utoya, affondino nell'indifferenza dilagante.
#Utoya #Suruç
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