Esistono sul mercato diverse formule contrattuali che semplificano l’acquisto di un immobile in alternativa all’accensione di un mutuo (oggi è una chimera per molti Italiani vista la crisi e la stretta sui finanziamenti bancari): facciamo dunque chiarezza tra le diverse soluzioni che spesso – complice un sovrapporsi di inglesismi – tendono a confondersi l’un l’altra pur avendo caratteristiche contrattuali differenti.
1. Nel Rent to Buy il venditore affitta l’immobile all’acquirente e congela il prezzo fino a quando sarà in grado di accedere ad un finanziamento bancario. In pratica si resta affittuari finché non si riesce ad ottenere un mutuo per comprare l’immobile locato. La formula del Rent to Buy – diversamente dall’affitto con riscatto – non va quindi a sostituirsi al sistema bancario per finanziare l’acquisto di un immobile, ma aiuta il potenziale acquirente ad ottenere i requisiti per rientrare nei parametri che oggi vengono chiesti dalle Banche prima di concedere un mutuo. il Rent to Buy è caratterizzato da un’estrema flessibilità e dalla garanzia di adeguati paracadute e ammortizzatori:
- è basato su contratti regolamentati e trascritti dal Notaio, con garanzie a entrambe le parti;
- si può cedere a terzi per recuperare le somme accantonate.
Nel panorama contrattuale esiste tutta una serie di soluzioni
intermedie tra Affitto con riscatto e Rent to Buy, anche se nessuna di
queste tutela al 100% ambo le parti:
- contratto di vendita con patto di riservato dominio;
- preliminare di compravendita ad effetti anticipati;
- contratto di locazione con patto di futura vendita;
- contratto di locazione con opzione di acquisto.
Con la pubblicazione in Gazzetta della Legge 11/11/2014, n. 164, G.U. 11/11/2014, n. 262 vengono disciplinati i contratti di godimento in funzione della successiva vendita, che definisce la particolare tipologia di contratti noti come “Rent to buy”,
viene specificata nei suoi elementi dal comma 1bis
dell’art. 23 in sede di conversione del DL 133/2013, c.d. “salva
Italia”.
All'art. 23
del D.L. 133/14 convertito in legge il 30 ottobre scorso è stato
aggiunto il comma 1-bis che consente alle parti di definire la quota dei
canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in
caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà
dell'immobile entro il termine stabilito.
Il nuovo schema negoziale è
caratterizzato da elementi tipici della locazione e della
compravendita: il conduttore ottiene la disponibilità dell’immobile,
paga il corrispettivo e si impegna, entro un determinato
termine fissato liberamente dalle parti ad acquistare la proprietà dello
stesso immobile defalcando dal corrispettivo di acquisto parte dei
canoni già versati.
Il contratto è trascritto secondo la regola dettata dall’art. 2645bis c.c.
per i preliminari sottoposti a condizione o che hanno ad oggetto
edifici da costruire o in corso di costruzione e la trascrizione produce
anche gli effetti della locazione ultranovennale, ed è
opponibile ai terzi. Gli effetti della trascrizione si protraggono per
tutta la durata del contratto e comunque per un perioro non superiore a
dieci anni.
Nel caso in cui il
concedente non trasferisca la proprietà alla scadenza del termine, il
conduttore- acquirente potrà ottenere sentenza che tenga luogo del
contratto non concluso (ex art. 2932 c.c.)
La fattispecie contrattuale trova la sua causa, la sua ragione di
carattere socio economico, nella volontà del proprietario concedente di
concedere il godimento di un immobile al fine di venderlo e nella
corrispondente volontà del conduttore di ottenerne la disponibilità a
fronte di un corrispettivo che, in parte, verrà considerato quale
acconto sul prezzo di vendita. Il canone sarà necessariamente superiore a
quello di mercato e la durata del contratto non potrà
Nella conversione in legge è previsto che le parti definiscano in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire
in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà
dell’immobile entro il termine stabilito. E’ data dunque ampia autonomia
alla negoziazione: le parti devono stabilire fin dalla stipula del
contratto la misura del canone e definire quale quota di questo è da
imputarsi quale acconto, prezzo che, in caso di mancato esercizio del
diritto di acquistare l’immobile da parte del conduttore, dovrà essere
allo stesso restituita.
La modifica
trova la sua ragion d’essere nella necessità di evitare che si realizzi
un ingiustificato arricchimento in capo al proprietario locatore
concedente: infatti, poiché durante la fase preparatoria all’acquisto il
futuro acquirente versa un importo mensile, ma solo
una parte viene considerata come canone di locazione effettiva (e quindi
a fondo perduto), mentre l’altra parte va a creare un deposito in
conto di futuro acquisto, nel caso in cui tale acquisto non avvenga, per
ristabilire l’equilibrio il concedente dovrà restituire quanto ricevuto
a tale titolo.
Diversamente accade in caso di risoluzione per inadempimento di una delle parti: in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero di canoni stabilito dalle parti, non inferiore comunque ad un ventesimo
del loro numero complessivo si verificherà l’inadempimento del
conduttore e il concedente avrà diritto alla restituzione dell’immobile e
trattenendo definitivamente, a titolo di indennità, tutto quanto
versatogli.
Qualora, invece, l’inadempimento fosse a carico del concedente, questi dovrà restituire la parte dei canoni imputati a corrispettivo di vendita, maggiorata degli interessi legali.
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Bibliografia:
Francesca Vinciarelli, Rent to buy e affitto:analisi comparata, http://www.pmi.it/impresa/normativa.html
Mariagrazia Monega, In Gazzetta lo Sblocca Italia: le novità del Rent to buy, http://www.quotidianogiuridico.it
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