La strage di Capaci
fu un attentato messo in atto da Cosa Nostra in Italia, il 23 maggio 1992,
sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci nel territorio
comunale di Isola delle Femmine, a pochi chilometri da Palermo.
Nell'attentato persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca
Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio
Montinaro.
Gli unici sopravvissuti furono Paolo Capuzza, Angelo Corbo,
Gaspare Cervello e Giuseppe Costanza.
Fu solo il primo del successivo attentato in cui morì anche il
suo collega e amico Paolo Borsellino:
assassinato da Cosa Nostra con cinque agenti della sua scorta nella strage di via d'Amelio, il 19 luglio
1992, è considerato uno dei personaggi più importanti e prestigiosi nella lotta
alla mafia in Italia, insieme a Giovanni
Falcone.
Nel 1992 avevo solo otto anni. Eppure lo ricordo quel
giorno. Quando diedero la notizia al telegiornale, come ogni altro giorno,
eravamo a tavola per pranzo e stavamo mangiando tutti, quando all’improvviso
mio padre si alzò di scatto dalla sedia e disse: “ NO!”.
Era incredulo, arrabbiato, si vedeva, ma senza altre parole. Io guardavo mia madre con fare interrogativo
quando lei si mise il dito sulle labbra come a dirmi: “Non chiedere nulla”. Eppure io volevo sapere. Non capivo.
Ascoltammo tutti in silenzio la voce fuori campo uscire dal
televisore fino alla fine del servizio, in cui si vedevano rottami di macchine
e foto di uomini per me sconosciuti.
Poi mio padre spense il televisore e mi spiegò: chi erano
gli uomini delle foto, cosa avevano fatto e perché erano stati uccisi.
Mi disse
che erano magistrati e indagavano sulle cosche mafiose. Io non sapevo cos’erano
i mafiosi e così dovette spiegarmi anche questo: “I mafiosi sono persone molto cattive che fanno soldi a danno dello
Stato sulla pelle della gente normale nel Sud Italia. Quei magistrati stavano
indagando per incastrarli e metterli in prigione. Sono riusciti a farli
smettere facendo saltare in aria la macchina blindata su cui si spostavano
uccidendo loro e la scorta di poliziotti che li proteggeva. Sono morti per fare
ciò che era giusto, pagando con la loro vita”.
Fu la prima volta che capii davvero cosa fosse la Mafia ed è
da lì credo, che nacque il mio grande rispetto per la Magistratura, per il suo ruolo
e per quegli uomini: eroici nell'adempimento del loro dovere nonostante i
rischi. Sono i santi laici dell’Italia.
Oggi 23 maggio, in occasione dell’anniversario della strage
di Capaci, penso sia giusto ricordare quegli uomini e ciò che hanno dato per il
loro Paese.
Quando svolgevo il tirocinio in Tribunale, nell'ufficio del
Giudice che mi era stato assegnato campeggiavano al posto d’onore i ritratti di
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: Italiani veri che
della legalità hanno fatto il faro
della propria esistenza e sono ancora simbolo dell’impegno che chi svolge la
professione di Magistrato si assume.
Grazie di cuore a Giovanni, a Paolo e agli uomini e donne
della loro scorta.
Perché “chi ha paura
muore ogni giorno, chi ha coraggio, muore una volta sola”.
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