Tutte le donne di Prassagora

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Pride and Prejudice, Jane Austen

giovedì 15 ottobre 2015

Alcune riflessioni sul fine vita dopo la legalizzazione dell'Eutanasia in California


Anche la California ha approvato una legge sul suicidio assistito.
Lo scorso 5 ottobre il cattolico governatore della California, Jerry Brown, ha firmato il provvedimento con cui viene legalizzata l’eutanasia anche nello stato americano da lui governato. Il provvedimento entrerà in vigore a partire dal prossimo 1 gennaio 2016.
Il governatore cattolico Jerry Brown ha deciso di firmare la legge nonostante l’opposizione della chiesa cattolica a tale pratica.
Ha affermato che «Un’opzione che può essere un conforto è un diritto». Brown da giovane aveva studiato in un seminario gesuita, spiegando di aver a lungo ponderato questa difficile decisione alla luce delle sue convinzioni religiose, ha ritenuto di dover firmare la legge:
«Alla fine ho cercato di pensare cosa avrei voluto in caso di una mia malattia terminale - ha dichiarato il democratico  - Non so cosa io farei se mi trovassi a morire tra dolori prolungati e strazianti. Sono certo, comunque, che mi sarebbe di conforto poter valutare l’opzione offerta da questa legge. E quindi non vorrei negare agli altri questo diritto».

Una volta entrata effettivamente in vigore, la legge permetterà ai medici di prescrivere ai malati terminali adulti ed in pieno possesso delle loro facoltà mentali dosi di farmaci per provocare una "morte dolce".

La legge è stata redatta sul modello di quella entrata in vigore nel 1997 in Oregon, il primo dei cinque Stati americani che hanno legalizzato il suicidio assistito, dove lo scorso anno 105 malati terminali si sono suicidati usando i farmaci prescritti dai loro medici. Lo stesso Stato dove si era rifugiata anche Brittany Maynard, la ragazza di 29 anni che chiedeva alla California di poter di morire con dignità. Era, secondo le statistiche, il malato terminale numero 1174 ad avere ottenuto l’autorizzazione al suicidio assistito. E il malato numero 753 a essere andato fino in fondo.

La firma di Brown mette fine a un appassionato dibattito che si è acceso in California intorno all’ "End of Life Option Act". «Questo è un giorno triste per la California» è stata la dichiarazione di Tim Rosales, portavoce dell’associazione Californians Against Assisted Suicide, che ha visto la partecipazione di medici, gruppi per la difesa dei disabili e gruppi cattolici mobilitati contro la legge. Riferendosi al fatto che Brown ha giustificato la sua decisione pensando ad una sua ipotetica esperienza personale, Rosales ha ricordato che «l’ambiente da cui proviene il governatore è molto diverso da quello di milioni di californiani che vivono in povertà, senza lo stesso accesso alle cure mediche: queste persone e i loro familiari potrebbero rischiare se ai medici venisse dato il potere di prescrivere loro dosi letali di medicinali».

Con la California salgono a cinque gli Stati USA in cui è possibile praticare il suicidio assistito. Gli altri Stati sono: Washington, Oregon, Vermont e Montana.
La decisione della California di votare favorevolmente per l’introduzione del suicidio assistito (termine con cui si intende l’aiuto medico ed amministrativo portato ad un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio) è stata probabilmente raggiunta anche grazie al sostegno profuso per la causa da Brittany Maynard che, per porre fine alle proprie sofferenze, fu costretta a trasferirsi dalla California all’Oregon alla fine dello scorso anno. 
La ragazza, prima di portare a termine la propria scelta, lanciò un appello al mondo, sostenendo che il suo non era un suicidio volontario, ma solo una scelta consapevole per evitare ulteriori sofferenze determinate dall’avanzare del cancro che la stava lentamente uccidendo.


Dichiarazioni del genere avrebbero dovuto far riflettere, anche ben oltre i confini dello stato di provenienza di Brittany.
Il Vaticano non tardò a condannare il gesto della giovane, definendolo “indegno”.

In Italia molti ricorderanno la vicenda di Piergiorgio Welby, militante del Partito Radicale e vice presidente dell’Associazione Luca Coscioni.
Il c.d. caso Welby balzò alle cronache negli ultimi anni della sua vita quando, gravemente malato, chiese che venisse “staccata la spina”, ovvero l’interruzione delle terapie che continuavano a tenerlo in vita.
L’esperienza di Welby è lucidamente raccontata nell’autobiografia “Lasciatemi morire”. Quando alla fine del 2006 Welby riuscì finalmente ad ottenere "la dolce morte", dopo una difficile battaglia legale, il Vaticano gli negò il funerale cattolico, esprimendo una chiara condanna verso la scelta che era stata compiuta.


Il tema del fine vita è una questione oltremodo delicata che tocca le nostre coscienze.
A sommesso avviso di chi scrive, ciò che deve sempre essere al centro di qualsiasi legge che venga ad essere proposta e approvata sul tema, deve essere il benessere del paziente.

Credo che sia questo il minimo comune denominatore nella redazione di una legge sul fine vita.
Perché anche di questo tema si deve parlare. 
Non possiamo negare il fatto che di questi tempi malattie invalidanti, incurabili ed estremamente dolorose come il cancro, siano diventati un'ombra nefasta nella vita di molte famiglie. 
La convinzione che la vita sia un diritto indisponibile, che sia o meno derivante da motivi religiosi, non può non tenere conto del benessere psicofisico del malato.

Ciò che spesso si tace, tuttavia, è che l'eutanasia corre il rischio di risultare una via di facile risparmio economico per gli Stati che sono erogatori delle cure sanitarie.

L'Eutanasia in Europa
Purtroppo le terapie che leniscono il dolore più efficaci e che renderebbero l'accompagnamento del paziente verso la fine dell'esistenza non doloroso, le c.d. cure palliative  hanno costi elevati che gli Stati dovrebbero accollarsi, e che se lasciati sulle spalle delle famiglie rischierebbero di sfociare nella soluzione di convincere il malato a chiedere l'eutanasia.


Ritengo sia giusto avere una legge sul testamento biologico, contro l'accanimento terapeutico, da un lato, ma che all'altro si possano e si debbano incentivare molto di più le terapie del dolore, che permettano di togliere uno dei principali motivi per cui il malato chiede l'eutanasia: la sofferenza e il dolore fisico.

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